Proprio per questo motivo, al fine di accrescere, tanto nei datori di lavoro quanto nei lavoratori, la conoscenza e la consapevolezza del rischio e dei vantaggi derivanti da una sua corretta gestione, per l occupazione e la produttività, così come previsto a livello comunitario, anche in Italia è stato avviato il «Piano di monitoraggio e di intervento per l ottimizzazione della valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato» che ha interessato un campione di 1.000 aziende, sia pubbliche che private, con almeno un numero di sei lavoratori. Al progetto, diretto dall Inail in collaborazione con il Coordinamento tecnico interregionale della prevenzione sui luoghi di lavoro e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della Salute (Ccm), ha partecipato anche l Agenzia di tutela della salute di Bergamo. L indagine, con cui nel corso del biennio 2015-2016 sono state coinvolte 29 aziende del territorio, ha permesso di approfondire la metodologia e gli strumenti scelti per valutare il rischio, le misure attuate per contrastarlo e la loro reale efficacia.
«In generale - sottolinea la dott.ssa Lorella Coletti, specialista in medicina del lavoro e statistica del dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria di Ats Bergamo - si è rilevata una diffusa attuazione della norma, spesso sono stati indicati alle aziende obiettivi di miglioramento, nella convinzione che il rischio dello stress lavoro-correlato vada affrontato, non semplicemente applicando un algoritmo che ne rilevi un livello basso e senza conseguenze per la salute ma, col sincero interesse di scoprire se in azienda il problema esista, quali cause lo sostengano e quali misure possano contrastarlo, prevedendo anche il suo monitoraggio nel tempo».
Fonte: ecodibergamo