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Lavoro in quota, questo sconosciuto.

di Ing. Luigi Mantovani, Presidente E.R Services Group.Ferma restando la ormai arcinota definizione di lavoro in quota, ovvero quello che si svolge ad almeno 2 metri da un piano di calpestio stabile, proviamo a chiederci cosa succede se un lavoratore cade da 1 metro e mezzo ?Molto probabilmente il malcapitato si farà piuttosto male, con possibile prognosi tale da innescare l’istruttoria da parte dell’Unità Sanitaria Locale.Fermo restando il fatto che l’aspetto più importante è che un lavoratore si è infortunato e che ciò non doveva succedere, penso che l’inchiesta non si chiuda facilmente dicendo “…erano meno di 2 metri”, specialmente a fronte di una gamba, o peggio una testa, rotta.Quindi ?La questione è semplice: il lavoratore deve SEMPRE essere messo nelle condizioni di non poter cadere.Sopra i 2 metri ce lo dice la legge cosa fare.Sotto i 2 metri dobbiamo fare attente valutazioni, magari sintetizzate nel “famigerato” DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), volte a dimostrare la valutazione del rischio e l’efficace definizione delle misure di prevenzione e protezione, nonché di provvedere opportuna formazione.Così facendo, forse, non succederà.



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