Il datore di lavoro non deve creare un ambiente di lavoro "a rischio zero, disponendo misure atte a prevenire anche gli eventi rischiosi impensabili”, tuttavia deve certamente predisporre tutti gli interventi che, nel caso concreto e rispetto alla specifica lavorazione, risultino idonei a neutralizzare i rischi tecnici dell’attività posta in essere.
Queste le motivazioni con cui la Corte di Cassazione, con sentenza n. 50000depositata il 6.11 u.s., ha dichiarato inammissibile il ricorso del Vice Presidente di una S.p.A. con delega alla Sicurezza, in relazione alle lesioni occorse a un dipendente (ustioni con prognosi superiore ai 40 giorni) impegnato nella tempra di un anello metallico, con ciò confermandone la condanna.
Secondo il Giudice di merito, infatti, l’infortunio era stato causato dalla mancata adozione di adeguati dispositivi utili a prevenire il rischio di ustioni, nonché dalla mancata vigilanza in ordine all’effettivo utilizzo delle misure prevenzionistiche apprestate.
A nulla è valso per l’imputato evidenziare come fosse stato nominato un RSPP. Ad avviso degli Ermellini, infatti, egli aveva l’obbligo "non solo di disporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori (…), obbligo che non viene meno neppure con la nomina del responsabile di servizio di prevenzione e protezione, che ha una funzione diretta a supportare e non a sostituire il datore di lavoro”.