Il Garante per la protezione dei dati personali ha inviato al Parlamento e al Governo una relazione in merito alla possibilità – contenuta nel Disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 127 del 2021 (AS 2394) – di consegna, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, di copia della certificazione verde, al datore di lavoro, con la conseguente esenzione, dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato.
il documento inviato al Parlamento e al Governo
Fonte: Garante per la protezione dei dati personali
Nota della dott.ssa Emilia Barbati:
il Garante contesta la legittimazione, in capo al datore di lavoro, di conservare copia dei Green Pass dei dipendenti che volontariamente li consegnino allo stesso.
In primo luogo, secondo il Garante, la prevista esenzione dai controlli rischia di determinare l’elusione delle “finalità di sanità pubblica” alla base al green pass. L’assenza di verifiche durante il periodo di validità del certificato non consentirebbe, infatti, di rilevare l’eventuale condizione di positività sopravvenuta in capo all’intestatario del certificato, in contrasto,
Inoltre, il Considerando 48 del Regolamento (UE) 2021/953 relativo alle certificazioni digitali COVID prevede che “Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento”.
Non da ultimo, la prevista facoltà di conservazione del green pass non può ritenersi legittima sulla base di un presunto consenso implicito del lavoratore che la consegni. Dal punto di vista della protezione dei dati personali (e, dunque, ai fini della legittimità del relativo trattamento), il consenso in ambito lavorativo non può, infatti, ritenersi un idoneo presupposto di liceità.
Si rinvia, per completezza al sito del Garante.
Gli emendamenti approvati in Senato rischiano, pertanto, di contrastare con il diritto comunitario.