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Dal disastro alla responsabilità ambientale: il caso Calenzano e le nuove accuse alla dirigenza Eni

A quattro mesi dall’esplosione al deposito Eni di Calenzano, costata la vita a cinque operai e il ferimento di altri 27, la vicenda si arricchisce di un nuovo e significativo capitolo giudiziario.

La Procura di Prato ha notificato nuovi avvisi di garanzia e disposto un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di quattro dirigenti Eni, già coinvolti nell’inchiesta principale.

Al centro delle nuove indagini: lo scarico illecito di acque reflue industriali nel fosso Tomerello, in concentrazioni di idrocarburi superiori ai limiti autorizzati.

 

Scarichi non autorizzati e bypass nascosti

Secondo l’accusa, i dirigenti avrebbero permesso (o comunque non impedito) nuovi scarichi nel corpo idrico attraverso un sistema di bypass che collegava la vasca di fine trattamento direttamente al fosso, senza la necessaria Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), che avrebbe dovuto essere rilasciata dalla Città Metropolitana di Firenze.

Questi comportamenti – spiega il procuratore Luca Tescaroli – configurano un nuovo reato ambientale, collegato direttamente ai pericoli per la salute pubblica e l’ambiente, già oggetto dell’inchiesta principale.

 

I profili coinvolti e le responsabilità contestate

Gli avvisi di garanzia sono stati indirizzati a figure chiave della struttura operativa e ambientale del gruppo:

  • Patrizia Boschetti – Datore di lavoro e legale rappresentante della Gestione Operativa Depositi Centro Eni;
  • Luigi Cullurà – Responsabile del deposito di Calenzano e della conformità normativa ambientale;
  • Emanuela Proietti – Responsabile HSE, incaricata della gestione ambientale, della qualità dei reflui e del funzionamento dei sistemi di sicurezza;
  • Marco Bini – Responsabile della rete fognaria e delle infrastrutture del sito.

 

Perché questo caso riguarda tutti

La Procura sottolinea che le nuove perquisizioni mirano ad acquisire documenti fondamentali: dai dati gestionali dell’impianto di trattamento delle acque, ai risultati dei campionamenti ambientali, fino alle fatture d’acquisto dei prodotti impiegati nel processo di depurazione.

Ma al di là degli aspetti giuridici, questa vicenda evidenzia una verità scomoda: quando la gestione della sicurezza e dell’ambiente è vista come un mero adempimento burocratico, e non come un valore strategico, le conseguenze possono essere tragiche.




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